Domande frequenti
Domande frequenti
Tutto ciò che avresti voluto sapere sul Feldenkrais…
Ma non hai mai osato chiedere!
…e parte di ciò che non sapevi
di voler sapere
sul Metodo Feldenkrais.
È un metodo di auto-educazione attraverso il movimento che prende il nome da Moshe Feldenkrais che ne fu ideatore.
Il Metodo Feldenkrais propone di usare il movimento come strumento per sviluppare la propria consapevolezza e utilizzare meglio le proprie potenzialità. Agisce sull’intera persona e ne stimola e facilita l’organizzazione muscolo-scheletrica creando un effetto benefico a cascata che trova corrispondenza nelle altre attività del sistema nervoso.
Agisce mediante incontri individuali (lezioni di Integrazione Funzionale) e incontri di gruppo (lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento).
Per migliorare il tuo modo di muoverti, migliorare l’allineamento scheletrico e l’utilizzo di sé al servizio di ciò che desideri fare.
Per sentire una maggiore flessibilità data non tanto e non solo da una flessibilità articolare, ma dalla capacità di adattare maggiormente l’intero corpo alle richieste dell’ambiente.
Per acquisire maggiore consapevolezza corporea e quindi delle relazioni che riguardano l’unità corpo-mente.
Per quinti poter organizzare in maniera più efficiente pensiero e azione, sviluppare una maggiore capacità di ascolto di sé e delle proprie istanze, in maniera non impositiva o giudicante.
Per favorire l’espressione spontanea di sé.
Per uscire progressivamente attraverso l’acquisizione di nuove strategie di movimento e percezione da condizioni di limitazione e dolore cronico.
Negli incontri individuali di Integrazione Funzionale l’interazione tra insegnante e allievo, o tra practicioner e cliente, avviene mediante il tocco. Nonostante ciò, non bisogna considerare l’approccio individuale Feldenkrais un massaggio, perché in questa disciplina il corpo viene usato come un mezzo per dialogare con il sistema nervoso.
Gli effetti si sperimentano anche sotto forma di sensazioni corporee, e sono accompagnate da riorganizzazioni dei tessuti molli e delle capacità articolatorie.
Tuttavia, questo non avviene mediante la manipolazione meccanica di determinati tessuti (massaggio) ma mediante un tocco che prevede una stimolazione sensoriale e funzionale attraverso manovre e movimenti delicati che desiderano fornire informazioni al sistema nervoso per permettere e agevolare una riorganizzazione spontanea dell’apparato muscolo-scheletrico.
‘Seduta’ e ‘trattamento’ sono termini che appartengono ad un vocabolario solitamente usato in ambiti medici o paramedici e in ambito psicologico, psicoterapeutico e psicanalitico.
In alcuni di questi contesti, indicano anche un rapporto professionista-cliente di tipo unilaterale. Inoltre un trattamento medico o paramedico è molto spesso associato a verifiche e prognosi che appartengono alla cosiddetta science-based medicine, che segue un approccio protocollare studiato e validato a seconda del “caso” in questione.
Il Metodo Feldenkrais desidera collocarsi nell’area dell’approccio alla persona appartenente all’apprendimento. Questo è chiarito anche dal lavoro di dialogo con il Ministero per lo Sviluppo Economico da tempo avviato dall’Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkraise tuttora in corso.
Possiamo quindi parlare di educazione somatica o motoria. Pertanto nel Feldenkrais un cliente non è un paziente ma un allievo, che desidera disporre di nuove strategie di movimento e allineamento scheletrico e di interazione con se stessi e l’ambiente per migliorare la propria qualità della vita.
Il rapporto è quindi di tipo educativo, l’insegnante Feldenkrais non impartisce un cambiamento alla persona ma desidera creare un contesto in cui ci sia un apprendimento sempre più autonomo da parte dell’allievo, e la strada per questa autonomia viene costruita personalmente con ciascuno in base alla sua indole, alle sue caratteristiche, alle sue preferenze, alla sua storia.
Grazie per la domanda : )
Se fin qui tutto è chiaro, usiamo una delle seguenti espressioni: lezione individuale o lezione di gruppo, lezione di Integrazione Funzionale o lezione di Consapevolezza Attraverso il Movimento.
Talvolta c’è chi utilizza il termine “sessione”, la trovo una soluzione a metà strada che non scontenta né accontenta nessuno,
Corretto! Lo scopo è educare, non curare.
Seguiamo questi esempi:
In caso di cervicalgia, compatibilmente con il proprio percorso medico, un approccio di educazione motoria propone un miglioramento della distribuzione del carico. È possibile quindi che il collo sia in sovraccarico e la parte di dorso sottostante sia meno mobile, partecipando meno al movimento e obbligando perciò la zona cervicale a fare gli straordinari.
Inoltre: la testa è in asse? Come si trasmettono le forze dalla testa al bacino e dal bacino alla testa?
E così piano piano un “problema” specifico conduce a dare uno sguardo all’insieme, a rivolgersi all’intera organizzazione motoria della persona. Migliorerà l’insieme, e perciò migliorerà anche il particolare. Migliorerà il particolare e questo si rifletterà nell’insieme.
Dopo un trauma o infortunio è bene studiare con i professionisti medici a cui ci si affida un percorso di terapia riabilitativa. È una situazione eccezionale che necessita un intervento eccezionale. In un secondo momento, quando le acque si calmano almeno un po’, il percorso diventa prevalentemente educativo e spesso bisogna scegliere che strada prendere.
Chi a questo punto si affida al Metodo Feldenkrais potrà riacquisire maggiore fiducia nella parte che è stata offesa o danneggiata, diminuire le tensioni che inconsapevolmente vengono attivate per proteggere dal trauma che in qualche modo una parte di sé considera ancora presente, almeno come minaccia. E così sarà possibile integrare meglio questa parte con tutto il resto per fare in modo che il movimento torni ad essere piacevole, sicuro e ben distribuito.
Mi scoccia rispondere con un ‘dipende‘.
Dipende dall’età della persona, da ciò che vuole imparare o migliorare, da quanto tempo esiste la condizione da cui desidera uscire, dalla sensibilità e capacità di ascolto, dalla curiosità e dalla predisposizione a collegare diversi aspetti di sé tra loro, e da ciò che ha già fatto in passato per migliorare la propria qualità della vita.
Solitamente dico a chi si rivolge a me che fare una sola lezione ha senso se si vuole assaggiare il Metodo. Ma molte volte un assaggio non basta per cogliere dei gusti nuovi, e pertanto consiglio almeno tre assaggi (strategia che applico anche in cucina!).
Per sentire una differenza tra prima di aver fatto Feldenkrais e dopo, consiglio di considerare le 5-6 lezioni come una buona unità di misura del cambiamento. Dopo questo numero di incontri è molto facile che l’allievo riscontri qualcosa di stabilmente diverso rispetto all’inizio, in generale e nel particolare a seconda delle proprie necessità. A questo punto è più facile darsi ulteriori obiettivi o desideri e ragionare intorno ad una strategia adeguata.
Ricordiamoci che si tratta di apprendimento, e potrei ribaltare alcune domande in un altro contesto: quanto tempo ci vuole per impugnare in maniera efficiente una chitarra? Quanto per fare un giro di do con gli accordi? Quanto per fare una scala? Quanto per suonare una passacaglia? Esiste poi un punto di arrivo o anche l’azione più semplice che si dà per scontata può continuare a migliorare indefinitamente?
Consiglio di indossare abiti comodi, anche casual, purché non stringano e non limitino il movimento. Meglio quindi evitare gonne, maglie col cappuccio e smanicati e preferire tessuti morbidi. In inverno è bene coprirsi perché non è una attività aerobica.
Una lezione solitamente dura intorno ai 50 minuti.
Chi osserva una lezione di movimento Feldenkrais senza praticarla e senza sapere su quali principi è studiata, potrebbe scambiarla per una lezione di ginnastica dolce.
Tuttavia una lezione Feldenkrais ha lo scopo di stimolare la corteccia sensomotoria, mediante l’applicazione sistematica di determinate leggi fisiologiche che hanno permesso lo sviluppo del sistema nervoso.
Quindi non c’è un esempio da seguire, o un esercizio da ripetere un certo numero di volte per ottenere dei risultati.
Ogni movimento va eseguito con la curiosità di chi vuole esplorare possibilità inedite di movimento, cercando di collegare funzionalmente più parti di noi. Ci si muove per dare informazioni al sistema nervoso, non per raggiungere chissò quali risultati. Il riposo, infine, serve non tanto per recuperare le energie spese nei movimenti, ma per permettere al sistema nervoso di rielaborare ciò che ha fatto e di programmare un nuovo movimento reclutando cellule cerebrali nuove, disimpegnando quelle precedentemente utilizzate.
Nel Feldenkrais si usano pertanto termini come ‘funzione’, ‘movimento’, ‘eplorazione’… si evita solitamente di usare la parola ‘esercizio’ e immagini associate al raggiungimento di un obiettivo.
Ogni novità per essere accolta ha bisogno di una preparazione culturale che permetta di ragionare nei termini che hanno prodotto tale novità.
In Italia il Feldenkrais è diffuso da più di 30 anni ma per certi aspetti è ancora nuovo, così come è ancora piuttosto nuovo il campo delle neuroscienze.
Ad esempio quando si parla di corpo, c’è chi lo considera come uno strumento, quasi un oggetto, da approcciare separatamente da tutto ciò che compone l’essere umano. Chi segue le scoperte degli ultimi 30 anni nel campo delle neuroscienze invece non usa nemmeno la parola corpo, preferendo il neologismo corpo-mente ampiamente accettato ed utilizzato in ambito accademico.
Bella domanda. Mi tocca rispondere con un altro ‘dipende‘.
Bisogna capire perché si desidera fare Feldenkrais. Se è per migliorare una condizione di disagio dato da limitazioni di movimento o dolore cronico, allora è meglio iniziare con lezioni individuali e lasciare quelle di gruppo per un secondo momento.
Per seguire con profitto una lezione di gruppo occorre essere un minimo autonomi nell’esplorazione dei movimenti, poter confidare progressivamente sulla propria capacità di ascolto saper stare dentro i propri limiti con rispetto, saggezza e delicatezza.
Spesso l’esperienza del dolore cronico è accompagnata da una ridotta sensibilità ed un utilizzo di sé poco integrato nel movimento.
In caso quindi di limitazioni o dolori, è meglio ricorrere ad un approccio personalizzato con le lezioni di Integrazione Funzionale, studiato intorno al problema specifico. Una volta acquisita una certa autonomia, è bello proseguire con lezioni di gruppo nei tempi e nelle modalità che verranno considerati a seconda dei casi.
In molti casi si può iniziare da subito con lezioni di gruppo: se non ci sono dolori, in caso di persone che hanno già un rapporto confidenziale con le proprie possibilità di movimento e di ascolto. In danzatori, atleti, attori, chi ha praticato per tanto tempo altre discipline che favoriscono una maggiore consapevolezza corporea e di sé.
Una allieva una volta ha definito la sua esperienza nelle lezioni di gruppo come “una dieta di mantenimento che ogni 3-4 mesi fa anche perdere un kg“.
Un movimento è elegante, efficiente e piacevole da eseguire non necessariamente quando è forte o possente, ma quando è bene organizzato.
Cioè quando viene eseguito senza andare in apnea (il che indica un conflitto tra aree di controllo motorio), con la capacità di sapersi osservare mentre ci si muove, con una sensazione di unità per cui tutto il corpo partecipa.
Quindi un movimento bene organizzato manifesta una migliore integrazione tra le parti.
Cioè: se sono in piedi e voglio muovere un braccio verso l’alto per afferrare qualcosa, se sento che l’intero corpo e coinvolto, dal bacino allo spostamento di peso nei piedi, posso parlare di integrazione tra le parti che sento coinvolte.
Se invece muovo il braccio e il movimento si ferma nella spalla o nel torace, significa che la mia organizzazione al momento attuale non è abile nel distribuire il lavoro lungo lo scheletro, che la periferia non è collegata al centro, e che da qualche parte c’è una resistenza muscolare che fa da “contrappunto” al movimento del braccio e stoppa la trasmissione del movimento.
So che non è molto elegante, ma mi permetto di rimandarti a questo articolo del blog in cui parlo dettagliatamente proprio di questo argomento. Altrimenti la farei lunga.
Qui mi limito a scrivere che la pratica del Metodo Feldenkrais utilizza il movimento per agire con l’intera persona.
Per quanto riguarda il movimento e la postura, non è una pratica che stimola il rafforzamento di una determinata area (il famoso sviluppo del core) o che punta ad una maggiore flessibilità ed elasticità.
Col Metodo Feldenkrais si lavora per stimolare una riorganizzazione posturale spontanea, per facilitare la possibilità di usarsi in maniera più efficiente ed intelligente, per acquisire strumenti per migliorare la propria capacità di organizzare il movimento, per utilizzare meglio la trasmissione scheletrica durante i movimenti che compiamo quotidianamente.
Se vuoi, ora è il tuo turno per fare una o più domande: