Diario di un corpo #8 – Il tocco che cura

tre livelli cervello

Leggendo l’interessante libro Il corpo accusa il colpo emerge alla mia comprensione, in maniera ancora più chiara di prima, la differenza tra i vari “livelli” del sistema nervoso.
Ai livelli più bassi e primitivi, che si sviluppano per primi, competono funzioni primitive e fondamentali.
I livelli successivi sono di pertinenza di funzioni superiori.
Le abilità cognitive sono ovviamente le ultime a formarsi. È infatti noto che molti aspetti di quello che chiamiamo carattere si giochino nei primissimi anni di vita, quando la corteccia non è ancora propriamente sviluppata. Quando non si ha capacità di astrazione, e quindi, per esempio, non esiste ancora una intelligenza verbale.
Faccio quindi riferimento alla nota “tripartizione”  del sistema nervoso, in ordine di sviluppo, in: 1) tronco encefalico, 2) cervello limbico, 3) corteccia prefrontale.(¹)

Il libro riporta che gli esami strumentali eseguiti su persone che hanno avuto evidenti problematiche relative ad esperienze traumatiche (veterani di guerra, vittime di abusi in tenera età, sopravvissuti a catastrofi…), hanno evidenziato che le disfunzioni delle condizioni post traumatiche impattano tutto il sistema nervoso, coinvolgendo anche il tronco encefalico.(²)

Il tronco encefalico (primo livello) gestisce le funzioni e attività fondamentali e primitive che riguardano i bambini appena nati: mangiare, dormire, svegliarsi, piangere, respirare, percepire la temperatura, la fame, il dolore…

Durante la nostra vita quotidiana, le strutture del cosiddetto cervello emotivo (sistema limbico, secondo livello) decidono costantemente se ciò che percepiamo è pericoloso o sicuro.
Il nostro “sistema di valutazione delle minacce” dispone di due modalità: dall’alto verso il basso, modulando i messaggi dalla corteccia prefontale e prefrontale mediale (terzo livello); o dal basso verso l’alto, attraverso il tronco encefalico, tramite la respirazione, il movimento e il contatto.

Ecco quindi aperta la strada ai due approcci che solitamente adottiamo quando vogliamo migliorare le nostre condizioni: dall’alto verso il basso (up-bottom), mediante processi cognitivi, quindi attraverso la parola, il ragionamento, la lucidità, e la possibilità di illuminare con la consapevolezza i grovigli emotivi che tentiamo di districare.
O dal basso verso (bottom-up) l’alto attraverso un lavoro incentrato sul corpo e la cosiddetta consapevolezza corporea. Queste due strade possono quindi incontrarsi nel mezzo.(³)

La “porte” attraverso cui entrare per migliorare la regolazione del sistema nervoso, dal basso verso l’alto, sarebbero quindi: respirazione, movimento e contatto.
Così come respirare può essere involontario o volontario, e quindi coinvolgere diversi centri del sistema nervoso, anche il movimento e il contatto umano possono coinvolgere i differenti livelli.
In un post di qualche tempo fa facevo notare che si può fare “esercizio” o movimento con l’obiettivo di migliorare la coordinazione e/o l’azione. Ciò che compete la coordinazione scheletrica riguarda livelli più profondi del sistema nervoso.
C’è quindi movimento e movimento.
Così come c’è tocco e tocco.
C’è un tocco che in un certo senso rimane in superficie e un tocco che può interagire con i livelli più profondi del sistema nervoso, e riorganizzare dal basso le attività superiori in una maniera che il movimento attivo non può conoscere.

Mi ha colpito un estratto di una formazione tenuta dal dr. Feldenkrais in cui sosteneva che ci fosse una differenza tra un tocco di tipo medico-diagnostico e un tocco che cura (healing touch). Diceva che il tocco che cura ha qualcosa a che vedere con quello di una madre che tiene in braccio il neonato. E che è un tocco in grado di curare più del tocco di un medico o di un esperto. Ma anche che qualora si trovasse un medico in grado di toccare in maniera curativa, allora questi varrebbe oro.(⁴)

Non credo di esagerare se dico che il trauma, in una certa misura, è connaturato all’esperienza umana. Anche di chi ha condotto una vita che definirebbe lineare e “normale”.
Qualche giorno fa mi trovavo in un negozio in cui c’era anche il figlio della titolare, di 11 mesi, e piangeva disperato ogni volta che la mamma si avvicinava alla porta del negozio, anche solo per aprire ad un potenziale cliente. Temeva che uscisse. Poi si sentiva immediatamente rassicurato e gioioso grazie al fatto che la mamma non fosse uscita ma rimasta in negozio. Mi ha stupito il potenziale di disperazione autentica che leggevo negli occhi del piccolo, nonostante i “grandi” siano pronti a ridacchiarci su nel tentativo di smorzarne comprensibilmente la gravità.
Tutti siamo segnati in misura maggiore o minore da esperienze che solo dall’esterno possono sembrare poco rilevanti, e tutti desideriamo evitare che qualcosa di spiacevole ci accada.

Del Metodo Feldenkrais – da cliente prima e da insegnante poi – mi ha sempre colpito la qualità del tocco. L’insegnante si ingegna per poter usare le mani al massimo della loro capacità percettiva e al minimo della tensione periferica che è consentita dal momento.

La possibilità di essere manipolati da mani il più possibile prive di tensione superficiale superflua, che infondono sicurezza e calma, e che trasmettono un movimento che proviene dalle parti centrali del corpo dell’insegnante è uno dei punti fondamentali del singolare approccio del Metodo. Questo tocco viene percepito come innocuo e allora le difese si disinnescano, ed è possibile entrare in uno stato di vigile ma profondo riposo, vicino alla trance.
Quando le mani desiderano unicamente percepire e trasmettere informazioni, cioè essere un neutro tramite, possono instaurare un dialogo privo di parole in grado di andare in profondità ed interagire con i livelli più remoti del sistema nervoso.

____

(1) Aree di pertinenza e attività:
Tronco encefalico: arousal, sonno/veglia, fame/sazietà, respirazione, equilibrio chimico…
Cervello limbico: relazione tra organismo e ambiente, pertinenza emotiva, categorizzazione, percezione…
Corteccia prefrontale: pianificazione e anticipazione, senso del tempo e del contesto, inibizione di azioni inappropriate, comprensione empatica…

(2) “Il cervello si sviluppa dal basso verso l’alto. Il cervello rettiliano (tronco encefalico) si sviluppa nel grembo materno ed organizza le funzioni vitali di base. È altamente sensibile alla minaccia, per tutta la durata della nostra vita. Il sistema limbico si organizza soprattutto durante i primi sei anni di vita, ma continua a svilupparsi in modo uso-dipendente. Il trauma ha l’impatto maggiore sul suo funzionamento durante il corso della vita. La corteccia prefrontale si sviluppa per ultima, ed è influenzata dall’esposizione ai traumi, tra cui l’impossibilità di filtrare le informazioni irrilevanti. Per tutta la vita, è suscettibile alla disconnessione in risposta alla minaccia“. Dal libro citato a pag 68

(3) Dall’alto verso il basso (up-bottom) e dal basso verso l’alto (bottom-up) sono da intendersi come semplificazione in riferimento al sistema nervoso (che comunque è una unità non divisibile): dall’alto si coinvolgono processi prettamente corticali. L’approccio dal basso coinvolge il sistema nervoso a partire dal tronco encefalico. Qui un’altra citazione al proposito dal medesimo libro.

(4) Qui in un mio tentativo di traduzione.

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